LOCALITÀ: Rieti
EDIFICIO:
Ex Chiesa di S. Giorgio, ora di proprietà della Fondazione Varrone, usata
come auditorium/salva convegni.
AUTORE E
DATA: Progetto e concezione Pinchi Organi, consulenza
F. Cera - Realizzazione A. Skrabl
UBICAZIONE:
in cantoria moderna, sopra la porta d’ingresso, con positivo tergale
NOTE STORICHE (prof. V. Di
Flavio) :
S.
Giorgio, chiesa antichissima, in origine sede di un monastero di donne
longobarde (attestato nel 744), è da tempo adibita ad usi profani. Di un
organo della confraternita di S. Giorgio in detta chiesa si parla la prima
volta nel 1651. Nel 1656 si ha notizia di un organista della medesima
confraternita. Quindici anni dopo (1671), in una visita pastorale si annota
che la chiesa di S. Giorgio era dotata di un organo di grande pregio dorato
(«organo multisono magne extimationis deaurato»). Nel corso del
secolo successivo lo strumento andò deteriorandosi e fu anche derubato di
parte delle canne, come ci informa una relazione del 10 aprile 1777, nella
quale si legge che in S. Giorgio
«vi è
l’orchestra di nobile fattura, dipinta e dorata d’oro buono, ma trovasi
colle sole canne di mostra, mancando tutte le altre rubbate, come è
stato asserito».
L’ultima
notizia è del 1828, quando nella chiesa vi era «un organo con sua
orghestra in cattivo stato».
Dopo la
rovina nella quale era caduta la chiesa, l'intera area e gli edifici
circostanti sono stati recuperati dalla Fondazione Varrone, che ha promosso
infine la costruzione di un nuovo organo di pregio.
NUOVO ORGANO Ispirato a Arp Schnitger
Sulla
scia della costruzione del Dom Bedos, la Fondazione Varrone, forse
per spirito di emulazione competitivo (ben venga questo tipo di
competizione!) ha promosso la costruzione di un organo a
trasmissione meccanica di ispirazione settecentesca (Concezione: Ars Organi, F.lli Pinchi,
consulenza di F. Cera,
realizzazione Anton Skrabl),
Lo strumento, di 25 registri dei
quali 6 ottenuti per prolungamento meccanico, ha 2
tastiere e pedaliera. La cassa, monumentale ispirata alla tradizione
Schnitger, offre il grand'organo ed il pedale su un ricco buffet a
torri a base triangolare, e un bel positivo tergale avente mostra di
4', con il grazioso simbolo solare dello "Zimbelstern" al centro
della cassa.
Le misure delle tastiere
e pedaliera sono comodissime per l'esecutore, cosi pure il tocco
della meccanica in fibra di carbonio, agile e ben bilanciato. I
pomelli dei registri sono disposti secondo l'uso nord-europeo, ovvero
sviluppati in larghezza, I comandi del motore e dell'illuminazione sono ben
dissimulati nella registriera stessa, il motore è denominato "Calcant". Per ragioni di spazio i
registri del pedale (16,8,4 labiali e 16,8,4 ad ancia) sono stati ottenuti per prolungamento meccanico. La trasmissione,
invero agile e precisa, e' costruita utilizzando materiali
innovativi (FIbra di
Carbonio) ma di difficile agibilità, per via degli spazi ridotti; il prolungamento
meccanico impone il compromesso della prudenza da parte dell'esecutore, che
deve evitare di azionare i 6 registri in questione mentre utilizza il
pedale, pena l'incastro o la possibile rottura delle forcelle e/o tiranti in
fibra di carbonio. La falegnameria è in rovere di Slavonia con
incollaggi a vista nelle giunzioni delle
torri. Lo strumento è
certamente di buon gusto, ma confinato in
un ambiente di volume esiguo per un organo di tali dimensioni (meno di 100 posti a sedere), tale da
rendere arduo l'ascolto delle combinazioni forti di registri: questo
ha richiesto una intonazione "ad hoc" da parte dell'Autore (Claudio Pinchi),
e dopo la naturale "maturazione" offre una varietà timbrica tipica
dell'epoca di riferimento ben riuscita. I primi tempi l'ambiente era
talmente umido da mettere a repentaglio
la "salute" dello strumento stesso (abbondante
muffa e blocco delle unioni a cassetto), Il temperamento, volutamente
clavicembalistico, mostra qualche evidente "asperità" durante
l'esecuzione della letteratura classica dell'epoca, tuttavia si può
dire riuscito e di gradevole effetto generale, in paricolar modo per le
quintadene e la sesquialtera. Con questo strumento, Rieti vanta una
disponibilità positivamente "anomala" di strumenti per una città di ridotte
dimensioni (e di ridotta ricettività culturale, purtroppo).
Ben venga questa tendenza a costruire strumenti "filologici",
con casse eleganti e armoniose, senza subire gli eccessi degli
architetti contemporanei e relativi disegni di casse e mostre di
dubbio gusto e effetto estetico. Se ci fosse miglior coordinamento
fra gli Enti, Comitati e Fondazioni per pianificare la costruzione e
sopratutto
l'utilizzo congiunto di nuovi strumenti, Rieti sarebbe tra le prime città "organarie"
d'Europa.
VIDEO: F. DESCHAMPS (Fondazione Varrone)