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Nella Rieti francescana del
Duecento faticarono a trovare "cittadinanza" Domenicani e
Agostiniani. E quando ciò accadde, la scelta dei luoghi ove
edificare chiese e conventi non seguì troppo quel preciso schema
urbanistico che prevedeva rapporti spaziali ben definiti con
Cattedrale, Episcopio e Palazzo Comunale. Altrove, specie
nell'Italia centro-settentrionale, andò così: a Rieti noLa
comunità domenicana si radicò a Rieti fin dalla metà del Tredicesimo secolo,
quando il Capitolo provinciale, riunitosi a Viterbo nel 1258, sancì l'apertura
di un nuovo convento affidandone il priorato a frà Luca da Pistoia. La scelta
del luogo cadde sulla chiesa di S. Apostolo, poco al di fuori dell'antica Porta
Spoletina. Il fatto di essere collocati presso un asse viario che intercettava
tanto il flusso dei pellegrini in transito lungo la via Francigena quanto i
mercanti che percorrevano la cosiddetta via degli Abruzzi, consentì ai
domenicani di svolgere con maggior successo la loro opera di predicazione. Un ruolo attivo nell'organizzazione della comunità lo ebbe il Beato
Martino da Perugia ma presto furono gli stessi reatini, entrati in buon numero
fra i padri Predicatori, a segnalarsi per santità di vita, alacrità di
studio, primato intellettuale.Ricordiamo per primo il padre maestro fra' Stefano da
Rieti, dotto interprete e commentatore di Aristotele, autore del trattato In predicabilia; lo affiancano per eccellenza sul finire del Quindicesimo secolo
fra' Giovanni, fratello della Beata Colomba, priore della comunità di Rieti e di
Tivoli, e fra' Tommaso, priore di Santa Maria Novella a Firenze nel tempo della
repubblica savonaroliana. Il complesso reatino di San Domenicoospitò più volte
il Capitolo Generale dell'ordine dal 1294 - anno in cui dunque
la chiesa doveva essere già completata almeno nelle sue
strutture portanti - al 1305, al tempo della fondazione, e più
tardi nel 1448. Passato nel 1589 dalla Provincia Romana a far
parte della Provincia degli Abruzzo, il convento reatino fu
ancora sede dei Capitoli del 1637 e del 1639. La presenza dei
Padri Domenicani a Rieti non costituì solamente un importante
centro di spiritualità e di studio, ma rappresentò per la città
un punto di riferimento di crescente rilievo nella vita sociale
e politica così come dimostrano le numerose Confraternite - di
San Pietro martire, del Rosario, di San Vincenzo Ferreri - che
gareggiano per allestirne le cappelle e gli altari nonché le
famiglie gentilizie che vi erigono la loro sepoltura
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Presso la chiesa di San Domenico viene ricomposto e sepolto il cadavere
scempiato di Angelotto Anelotti, lo sventurato governatore linciato barbaramente
dalla folla inferocita; qui trovano degna sede le spoglie di alcuni dei
Teodonari, dei Vincentini, dei Peroni de' Cavalli, notabili reatini.
I Padri Domenicani prestarono la loro opera di insegnamento non solo all'interno
del noviziato e della scuola di lingue (attiva fin dal 1576) per conciliare la
filologia con (ermeneutica biblica, ma anche presso il seminario diocesano
istituito nel 1563.E', questo, anche il periodo in cui la chiesa mutò il suo assetto, adeguandosi
al gusto barocco. Ciò però non mise il tempio al riparo da un
progressivo degrado, tanto che nel 1779 il priore Padre Scalmazzi arrivò a
proporne (abbattimento e una successiva riedificazione. La proposta fu bocciata
e si optò per il restauro: (ultimo prima della chiusura del convento del 1810.
Con l'Unità d'Italia i padri domenicani furono cacciati dalla città e lo Stato
incamerò i tre conventi dei mendicanti. Quello di San Domenico venne destinato a
caserma militare, mentre le chiesa fu ridotta a stalla e poi ancora a segheria.
Con il crollo del terso, avvenuto nel dopoguerra, fu tutto un "fiorire" di
alberi e rovi. Fino all'8 giugno del 1994, quando il comune di Rieti, su
richiesta del Vescovo Giuseppe Molinari, deliberò la restituzione al culto della
chiesa «dopo gli opportuni restauri».
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