COMITATO SAN  DOMENICO ONLUS  

PONTIFICIO ORGANO  "DOM BEDOS-ROUBO" BENEDETTO XVI

 

LA CHIESA DI S.DOMENICO E LA CITTA'

di Ileana Tozzi

 

 

 

Tutti gli articoli di questa sezione provengono dal Supplemento al quindicinale "Frontiere" del 21/12/1999 per gentile concessione della Società cooperativa Massimo Rinaldi


S. Domenico, crocevia dello Spirito e della Cultura

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Nella Rieti francescana del Duecento faticarono a trovare "cittadinanza" Domenicani e Agostiniani. E quando ciò accadde, la scelta dei luoghi ove edificare chiese e conventi non seguì troppo quel preciso schema urbanistico che prevedeva rapporti spaziali ben definiti con Cattedrale, Episcopio e Palazzo Comunale. Altrove, specie nell'Italia centro-settentrionale, andò così: a Rieti noLa comunità domenicana si radicò a Rieti fin dalla metà del Tredicesimo secolo, quando il Capitolo provinciale, riunitosi a Viterbo nel 1258, sancì l'apertura di un nuovo convento affidandone il priorato a frà Luca da Pistoia. La scelta del luogo cadde sulla chiesa di S. Apostolo, poco al di fuori dell'antica Porta Spoletina. Il fatto di essere collocati presso un asse viario che intercettava tanto il flusso dei pellegrini in transito lungo la via Francigena quanto i mercanti che percorrevano la cosiddetta via degli Abruzzi, consentì ai domenicani di svolgere con maggior successo la loro opera di predicazione.
Un ruolo attivo nell'organizzazione della comunità lo ebbe il Beato Martino da Perugia ma presto furono gli stessi reatini, entrati in buon numero fra i padri Predicatori, a segnalarsi per santità di vita, alacrità di studio, primato intellettuale.Ricordiamo per primo il padre maestro fra' Stefano da Rieti, dotto interprete e commentatore di Aristotele, autore del trattato In predicabilia; lo affiancano per eccellenza sul finire del Quindicesimo secolo fra' Giovanni, fratello della Beata Colomba, priore della comunità di Rieti e di Tivoli, e fra' Tommaso, priore di Santa Maria Novella a Firenze nel tempo della repubblica savonaroliana. Il complesso reatino di San Domenicoospitò più volte il Capitolo Generale dell'ordine dal 1294 - anno in cui dunque la chiesa doveva essere già completata almeno nelle sue strutture portanti - al 1305, al tempo della fondazione, e più tardi nel 1448. Passato nel 1589 dalla Provincia Romana a far parte della Provincia degli Abruzzo, il convento reatino fu ancora sede dei Capitoli del 1637 e del 1639. La presenza dei Padri Domenicani a Rieti non costituì solamente un importante centro di spiritualità e di studio, ma rappresentò per la città un punto di riferimento di crescente rilievo nella vita sociale e politica così come dimostrano le numerose Confraternite - di San Pietro martire, del Rosario, di San Vincenzo Ferreri - che gareggiano per allestirne le cappelle e gli altari nonché le famiglie gentilizie che vi erigono la loro sepoltura
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Presso la chiesa di San Domenico viene ricomposto e sepolto il cadavere scempiato di Angelotto Anelotti, lo sventurato governatore linciato barbaramente dalla folla inferocita; qui trovano degna sede le spoglie di alcuni dei Teodonari, dei Vincentini, dei Peroni de' Cavalli, notabili reatini. I Padri Domenicani prestarono la loro opera di insegnamento non solo all'interno del noviziato e della scuola di lingue (attiva fin dal 1576) per conciliare la filologia con (ermeneutica biblica, ma anche presso il seminario diocesano istituito nel 1563.E', questo, anche il periodo in cui la chiesa mutò il suo assetto, adeguandosi al gusto barocco. Ciò però non mise il tempio al riparo da un progressivo degrado, tanto che nel 1779 il priore Padre Scalmazzi arrivò a proporne (abbattimento e una successiva riedificazione. La proposta fu bocciata e si optò per il restauro: (ultimo prima della chiusura del convento del 1810. Con l'Unità d'Italia i padri domenicani furono cacciati dalla città e lo Stato incamerò i tre conventi dei mendicanti. Quello di San Domenico venne destinato a caserma militare, mentre le chiesa fu ridotta a stalla e poi ancora a segheria. Con il crollo del terso, avvenuto nel dopoguerra, fu tutto un "fiorire" di alberi e rovi. Fino all'8 giugno del 1994, quando il comune di Rieti, su richiesta del Vescovo Giuseppe Molinari, deliberò la restituzione al culto della chiesa «dopo gli opportuni restauri».

   
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